Chi sono

La trama inconscia della mia storia

Come psicologa, una parte centrale del mio lavoro è unire i puntini: trovare le tessere mancanti, capire come si incastrano le une con le altre, raggiungere quel tipo di consapevolezza che ti fa esclamare “ecco perchè!”, comprendere “perché siamo come siamo” e cogliere verità che sono sempre state lì da qualche parte (di solito nell’inconscio e te ne parlerò tra poco), ma che non riuscivamo a vedere chiaramente.

Chi sono

La trama inconscia della mia storia

Come psicologa, una parte centrale del mio lavoro è unire i puntini: trovare le tessere mancanti, capire come si incastrano le une con le altre, raggiungere quel tipo di consapevolezza che ti fa esclamare “ecco perchè!”, comprendere “perché siamo come siamo” e cogliere verità che sono sempre state lì da qualche parte (di solito nell’inconscio e te ne parlerò tra poco), ma che non riuscivamo a vedere chiaramente.

 
In genere commettiamo l’errore di considerare le nostre vite come se fossero una sequenza casuale di eventi: non sappiamo perché ci accade ciò che ci accade e perché ci sentiamo come ci sentiamo.
È per questo che con i miei pazienti, buona parte del lavoro che si fa insieme parte dall’osservare e rileggere la storia della propria vita alla ricerca delle parti da far collimare insieme, proprio come le tessere del puzzle.

È qui che ti devo raccontare qualcosa in più sull’inconscio.

Nella psicoterapia psicanalitica, l’inconscio è un concetto centrale.
L’inconscio si riferisce a una parte della nostra mente che contiene pensieri, emozioni, impulsi e desideri di cui non siamo consapevoli nella nostra vita di tutti i giorni.

Ciò che è sepolto nell’inconscio può influenzare i nostri pensieri, sentimenti e comportamenti senza che ne siamo consapevoli. Come a dire: spesso guida lui, l’inconscio, e tu non lo sai.
Il terapeuta lavora con il paziente per portare alla luce questi contenuti inconsci, in modo che possano essere esplorati e compresi per poter vivere una vita più consapevole, e recuperare il timone della propria storia.

Non a caso, Yung diceva: “Rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino”

A questo punto ti chiederai: ma non mi dovevi parlare di te?

Anche nel mio “chi sono”, come nella storia di tutti noi, si possono intravedere le fila dell’inconscio.
Ad un primo sguardo, se ti racconto la mia storia, potrebbe sembrare che io sia diventata psicoterapeuta “per caso”, qualcuno potrebbe pensare invece che fosse “destino”.
Io invece ho imparato che era già tutto lì, da subito, nel mio inconscio.

Sono nata in Argentina a fine anni ‘80, a Buenos Aires, la città con più alto numero pro-capite di psicoterapeuti al mondo. Insomma a Buenos Aires tutti hanno almeno un amico, o un parente o un conoscente psicoterapeuta.
I miei genitori frequentavano circoli di psicologia, leggevano Freud, e ca va sans dire, entrambi avevano fatto un percorso di psicoterapia psicanalitica.

Potremmo dire che sono stata “svezzata a pane e psicanalisi”. Ciò nonostante, da bambina pensavo che da grande sarei stata una scrittrice.

Ho sempre amato le parole, le storie, i racconti. Alle feste, passavo ore ad origliare le conversazioni al tavolo degli adulti. Quando trovavo qualche “grande” abbastanza disponibile, gli chiedevo di raccontarmi che lavoro facesse, come lo avesse scelto, come fosse stato quando era bambino.
È negli anni del Liceo che realizzo che ascoltare le storie mi piace forse ancora più che scriverle e mi iscrivo all’Università di Psicologia.
Nel frattempo, intraprendo una lunga analisi personale di quasi 9 anni (non è obbligatorio, ma a mio parere è indispensabile sapere come si sta “dall’altra parte del lettino” prima di iniziare a lavorare come psicoterapeuta).

Ho sempre amato le parole, le storie, i racconti. Alle feste, passavo ore ad origliare le conversazioni al tavolo degli adulti. Quando trovavo qualche “grande” abbastanza disponibile, gli chiedevo di raccontarmi che lavoro facesse, come lo avesse scelto, come fosse stato quando era bambino.
È negli anni del Liceo che realizzo che ascoltare le storie mi piace forse ancora più che scriverle e mi iscrivo all’Università di Psicologia.
Nel frattempo, intraprendo una lunga analisi personale di quasi 9 anni (non è obbligatorio, ma a mio parere è indispensabile sapere come si sta “dall’altra parte del lettino” prima di iniziare a lavorare come psicoterapeuta).

Dopo la Laurea e l’esame di Stato, nel 2014, apro il mio studio come Psicologa libera professionista e nel frattempo porto avanti la formazione quadriennale come Psicoterapeuta Psicanalitica. Svolgo in parallelo il tirocinio da specializzanda in psicoterapia presso un ospedale pediatrico, assistendo prima i piccoli pazienti, per poi appassionarmi al sostegno psicologico per i loro genitori e al supporto alle partorienti, alle donne in gravidanza e nel post partum.

Negli ultimi anni ho approfondito lo studio della Psicologia della Maternità: essendo io stessa diventata mamma 5 anni fa, mi è stato chiaro che “rimettere insieme i pezzi del puzzle” diventa una vera e propria necessità per una donna che diventa madre, per poter ridefinire ancora una volta il suo “chi sono”.

Oggi non origlio più al tavolo degli adulti, ma continuo ad ascoltare storie:

quelle dei miei pazienti, come psicoterapeuta psicanalitica, e quelle di colleghi tramite supervisioni cliniche (uno spazio di “revisione”, formazione e confronto uno a uno per lo psicologo) e quelle di professionisti che vogliono riflettere su di sé, su come comunicano e stanno in relazione, attraverso percorsi di mentoring individuali e di gruppo.